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Concludiamo la rassegna su “Un sacco di farine” con alcune informazioni sui grani antichi:

Nel tempo le varietà di grano e le metodiche di coltivazione sono molto cambiate e oggi le varietà più  diffuse sono quelle resistenti agli attacchi dei parassiti, che hanno una migliore resa e caratteristiche più idonee ai diversi utilizzi.

Ma sempre degli ultimi anni è la riscoperta dei cosiddetti grani antichi, tipi di frumento rimasti spesso identici nel sapore, colore, proprietà e composizione genetica a quelli di un tempo e che dal punto di vista nutrizionale, presentano un rapporto tra glutine e amido più bilanciato che li rende più facilmente digeribili.

Le necessità hanno quindi introdotto la diffusione di farine sempre più raffinate, spesso più ricche in glutine ma più povere di nutrienti e la cui diffusione sembra aver provocato negli ultimi anni  un aumento di sensibilità e intolleranza al glutine.

 Esistono oggi due definizioni per identificare i grani antichi:

La prima identifica quelle specie del genere Triticum consumate dalle popolazioni dell’antichità e quindi “geneticamente antiche”: l’uomo infatti coltiva i cereali da tempi lontanissimi e in ogni regione sono stati coltivati frumenti che, nel corso degli anni, si sono adattati al territorio e al clima della zona.

Nella seconda si individuano quelli antecedenti i  primi decenni del ventesimo secolo, ovvero quei  cereali che venivano coltivati prima della cosiddetta Rivoluzione verde, avvenuta a partire dagli anni ’50, quando l’aumento della richiesta di frumento ha orientato i produttori, con l’aiuto della manipolazione genetica, verso modifiche sempre più spinte, creando versioni ad alta produttività, piante a crescita più rapida, ma soprattutto più ricche di glutine per produrre farine facilmente lavorabili.

Non dimentichiamo comunque che gran parte dei grani cosiddetti antichi presenti in commercio hanno subito meno alterazioni ma non tutti sono stati esenti da manipolazione genetica.

In Italia esistono divere tipologie di grani cosiddetti antichi sia teneri che duri, vediamone alcuni.

  • Etrusco: antenato del grano duro moderno, originario del medio oriente: è il famoso Grano degli Egizi o del Faraone; in Italia era presente fin dai tempi degli Etruschi da cui ne deriva il nome: alcuni semi originali sono stati recuperati da tombe etrusche nella zona di Volterra.
  • Farro Monococco: sembra essere stato il primo cereale coltivato dall’uomo, infatti la sua coltivazione inizia circa 10.000 anni fa in Medio ed Estremo Oriente, Europa, e Nord Africa ma già dal Medioevo inizia ad essere sostituito dal frumento e altri cereali più facili da coltivare. Ha un chicco piccolo ed è poco produttivo, ma ha un basso quantitativo di glutine e qualità nutrizionali superiori agli altri cereali. Oggi in Italia è coltivato solo in alcune aziende biologiche toscane.
  • Gentil Rosso:  grano tenero capostipite originario dell’area appenninica centro-settentrionale Toscana, a metà del 1800 si diffuse anche in Emilia grazie alla sua produttività superiore al Rieti, molto coltivato in quegli anni.
  • Khorasan: varietà di grano duro più noto a livello commerciale come Kamut® originario dell’Iran ma si è diffuso in tutto il mondo ed è considerato un antenato del grano duro odierno. Essendo un marchio registrato il suo costo, pur essendo una buona, è molto più elevato rispetto ad altre con la medesima qualità.

  • Rieti originario:  grano tenero della Piana Reatina studiato dal genetista Nazareno Strampelli che la utilizzò come punto di partenza dei suoi esperimenti, è l’antenata delle sementi che ebbero diffusione a partire dagli anni Trenta.
  • Saragolla(Triticum Turgidum Durum,): varietà di grano Khorasan, originaria dell’area mediterranea attualmente coltivata  soprattutto in Abruzzo; è un cereale che si può considerare tra i capostipiti dei più moderni grani duri.
  • Senatore Cappelli: grano duro ottenuta nel 1915 da Nazareno Strimpelli per selezione genealogica nel tentativo di migliorare il grano Rieti. Ha rappresentato la base del miglioramento genetico del frumento duro ed è presente nel patrimonio genetico di quasi tutte le varietà di grano duro oggi coltivate. Ebbe grande successo in Italia grazie alla sua larga adattabilità (dagli anni ‘20 agli anni ‘50 costituì fino al 60% della produzione). E’ un grano duro ricco di proprietà e proteine di qualità, oggi viene coltivato soprattutto al Sud e la sua farina è utilizzata per produrre pasta di alta qualità,  ma anche pane e pizza.
  • Sieve: grano tenero, creato nel 1960, autoctono della Toscana dove anche oggi viene coltivato dopo essere stato riscoperto di recente insieme al grano Verna.
  • Verna: varietà di grano tenero autoctono della Toscana, creato nel 1953, molto apprezzato in passato per le sue caratteristiche di grande rusticità ma abbandonato perché meno produttivo delle varietà moderne. Questo grano è stato mantenuto in purezza dall’Ente Toscano Sementi e in anni recenti la riscoperta del suo valore nutrizionale ne ha fatto nuovamente promuovere la coltivazione. Grazie a questo impegno, attualmente, è l’unica varietà “antica” di grano tenero iscritta al Registro Nazionale delle Varietà e come tale, il seme utilizzato a scopo commerciale, deve essere riprodotto nel rispetto di quanto indicato dalla Legge Sementiera e certificato dal CREA. La farina di  grano Verna contiene lo 0,9% di glutine rispetto al 14% di media delle farine tradizionali e potrebbe rappresentare una buona opportunità nutrizionale per coloro che riferiscono una leggera ipersensibilità (gluten sensitivity) verso il glutine.

 Perché scegliere i grani antichi?

Purtroppo la mancanza allo stato attuale di una regolamentazione e di un sistema di certificazione per i grani antiche non garantisce, ad esclusione di alcune varietà,  il consumatore sulla reale identità e purezza di un prodotto.

Spesso infatti si trovano in commercio prodotti ottenuti da miscele dove i grani antichi sono stati mescolati con grani moderni.

Esistono comunque molti vantaggi, e non solo nutrizionali, nello scegliere prodotti ottenuti con grani antichi rispetto ai grani tradizionali:

  • Valore culturale e storico: i grani antichi restano un modo di conservare le antiche tradizioni sia di produzione che di lavorazione.
  • Gusto: i prodotti presentano spesso sapori, odori e caratteristiche diverse, quali una crosta più spessa, un sapore più intenso e in genere un valore nutrizionale più elevato.
  • Tutela della biodiversità: acquistare almeno ogni tanto grani antichi significa tutelare la biodiversità del proprio territorio perché è un incentivo per gli agricoltori a non rinunciare completamente alla coltivazione a favore di grani dalla resa più elevata.
  • Lavorazione del prodotto: nella realizzazione dei prodotti spesso si ricorre anche a tecniche di lavorazione più artigianali come la lievitazione naturale, la macinatura a pietra.
  • Filiera corta: in Toscana oltre al Verna esistono molti grani antichi tipici del territorio e spesso vengono prodotti da piccole aziende; scegliere queste farine dà sostegno ai piccoli produttori.
  • Valore ecologico: la coltivazione dei grani antichi rappresenta un’alternativa alle coltivazioni standard in aree dove le tecniche dell’agricoltura intensiva non sono praticabili mentre i grani antichi possono essere coltivati senza interventi troppo pesanti sull’ambiente.

 

 



Oltre alle FARINE SPECIALI ottenute dai cereali, di cui ho parlato nel precedente articolo, vediamo oggi quelle ottenute dai legumi, frutti e pseudocereali: si tratta di farine utilizzate in molti casi fin dall’antichità e che in alcuni casi sono ancora oggi fonte di sostentamento per alcune popolazioni.

Sono tutte farine molto ricche dal punto di vista nutrizionale e spesso più caloriche delle farine derivate dai cereali, ma con caratteristiche interessanti…

Cominciamo con quelle che derivano dai legumi

Tra le varie farine speciali, alternative a quelle di frumento, i legumi ci offrono una valida scelta, per creare dei piatti sempre diversi e variare la nostra alimentazione. Non contengono glutine, presentano un maggior contenuto proteico rispetto alle farine di cereali e fibre in maggiore quantità.

  • Farina di Ceci

La farina di ceci che si ricava dalla macinazione dei ceci essiccati è priva di glutine, ricca di fibre e di vitamine (A, B, C, E), sali minerali (magnesio, calcio, potassio e fosforo),  è molto nutriente ed energetica.

Oltre alla tipica cecina, la farina di ceci può essere utilizzata anche mescolata alla farina di grano duro e uova per preparare la pasta fresca, gnocchi o anche la pastella per impanare le verdure o per preparare i felafel gustose polpette di ceci tipiche dei paesi mediorientali. Oggi viene utilizzata anche per fare la pasta senza glutine.

  • Farina di lenticchie

E’ una farina emergente… Utilizzata sia miscelata con altre farine di cereali ma anche da sola nella preparazione di pasta adatta anche ai celiaci. La farina di lenticchie contiene carboidrati ma presenta un indice glicemico più basso rispetto alle comuni farine di cereali, ha un elevato contenuto proteico e di fibre, vitamine del gruppo B, come la vitamina B1, B2 e B3. Oltre al ferro presenta sali minerali quali zinco, fosforo, calcio e potassio.

  • Farina di Soia

La farina viene ricavata dalla soia, una pianta della famiglia delle Leguminose, coltivata per la prima volta in Cina cinquemila anni fa e da allora utilizzata in vari modi in tutto l’estremo Oriente. Nella nostra alimentazione è stata introdotta solo recentemente.

Dalla macinazione dei semi di soia secchi si ottiene una polvere sottile molto proteica e versatile, nonché totalmente senza glutine, molto apprezzata soprattutto da chi segue un regime alimentare vegetariano o vegano.

Sono diverse le varietà di farina in commercio derivanti da diversi tipi di soia: le  più comuni  sono quelle di soia gialla e verde, che si trova anche tostata, può essere o meno sgrassata e raffinata. E’ possibile, però, acquistare anche  la farina grezza, che viene sottoposta a un numero minimo di passaggi durante la sua produzione.

Essendo priva di glutine in caso di impasti lievitati è necessario mescolarla ad altri ingredienti perché la lievitazione possa avvenire correttamente.

Può essere usata per preparare prodotti lievitati e non sia dolci che salati, per aumentare la percentuale proteica negli impasti, nella preparazione di creme ai legumi, per arricchire il seitan realizzato con il germe di grano.

Tra le farine attenute dai frutti ricordo:

  • Farina di Castagne

Un tempo molto utilizzata, rappresentava l’unica fonte di sostentamento a disposizione delle famiglie povere soprattutto nelle zone montane del nostro paese, un ingrediente essenziale per sostituire i cereali in queste zone isolate, in quanto molto nutriente e di facile reperibilità.

La farina di castagne, ottenuta dalla macinatura delle castagne essiccate è ricca di proteine, fibre e vitamine e ha un sapore più dolce delle altre. Non contiene glutine.

Viene ancora utilizzata per la preparazione di dolci (castagnaccio, frittelle, necci, biscotti) oppure insieme ad altre farine per la preparazione di fettuccine, ravioli o gnocchi e per rendere soffice l’impasto dei pancakes o arricchire di sapore creme e vellutate.

  • Farina di Mandorle

La farina di mandorle è una preparazione alimentare realizzata triturando le mandorle mature non tostate, alle quali è stato rimosso lo strato esterno che ricopre il frutto (mandorle pelate).

La farina di mandorle è un alimento molto calorico, ad alto contenuto di proteine vegetali, di fibra e di grassi molti dei quali acidi grassi essenziali Omega-3 e Omega-6,  contiene abbondante Vit. E, Magnesio e Manganese e un contenuto di carboidrati molto ridotto rispetto ad altre farine.

Ha un sapore dolce e delicato e viene molto utilizzata per la preparazione di dolci, prodotti da forno, biscotti e creme. Può essere un’alternativa alla farina 00, per la preparazione dei dolci senza glutine. Facilmente realizzabile anche a casa con un mixer potente partendo dalle mandorle pelate.

  • Farina di Nocciole

Come la farina di mandorle, anche questa è una farina senza glutine molto energetica e ricca di fibre e sali minerali, acidi grassi e vit. E. e fitosteroli, molecole ad azione antiossidante.

La farina è molto aromatica, ha un sapore dolce e può essere utilizzata per la preparazione di dessert, torte, dolci al cucchiaio, pane, pasta frolla, biscotti, crostate, ma anche creme.

E le farine che derivano da pseudocereali

  • Farina di Grano Saraceno

È una delle farine riscoperte negli ultimi anni,  anche se come abbiamo già visto il  grano saraceno non appartiene alla grande famiglia dei cereali, ma ne possiede alcune caratteristiche.

Non contiene glutine ed quindi adatta ai celiaci sia  per realizzare prodotti come pane che pasta, crepes e altre ricette salate.

Le proteine sono superiori rispetto al frumento, fino al 18% , è ricca di amminoacidi essenziali, la fibra è molto scarsa.

Ha un sapore gradevole e una consistenza  simile a quella d’orzo. Viene molto usata in Valtellina, per preparare la polenta taragna e i pizzoccheri.

  • Farina di Amaranto

Come il grano saraceno e la Quinoa, l’amaranto è uno pseudocereale e non contiene glutine ed è sempre stato tra gli alimenti base delle antiche popolazioni degli altopiani dell’America centrale e meridionale.

La farina si estrae dai semi essiccati e macinati, è sempre integrale, in quanto i semi vengono macinati interi. Ricca di fibre e di proteine, contiene molti aminoacidi, una buona quantità di ferro, calcio, fosforo e magnesio, vitamine del gruppo B e C e per queste sue proprietà è consigliata anche nel caso di dieta vegana o vegetariana.

Non è adatta alla produzione di alimenti lievitati e per la panificazione va aggiunta una miscela di altre farine derivate da cereali, va invece bene per prodotti non lievitati quali  piadine e pani tipo il chapati (pane indiano).

  • Farina di Quinoa

La farina di quinoa, pianta tipica delle regioni andine che non possiede involucri esterni, deriva dalla macinazione dei semi essiccati di circa 200 varietà commestibili, quindi anche in questo caso, non esiste farina integrale ma solo farina da quinoa macinata.

Secondo l’OMS per le sue caratteristiche nutrizionali può essere considerata un alimento completo in quanto la farina, ricca di amido e molto proteica, contiene tutti gli amminoacidi essenziali e non contiene glutine, è più ricca di lipidi rispetto alle graminacee e ha una buona quantità di Sali minerali e vitamine.

La quinoa può essere utilizzata in cucina anche sotto forma di farina per realizzare prodotti da forno, ma ha una scarsa tendenza alla lievitazione quindi è più indicata in ricette di pasticceria o per realizzare biscotti che per fare il pane che può essere fatta miscelandola con altre tipologie di farina.



Oltre a quelle ottenute dal frumento, di cui ho parlato nel precedente articolo,  esistono in commercio tantissimi tipi di farine, definite speciali che si distinguono in modo evidente dalla farina di frumento per la sua composizione o per gli usi ai quali sono destinate, ottenute non solo da altri cereali ma anche da frutti, legumi e pseudocereali: il sapore così come l’utilizzo principale possono essere molto diversi e mescolandole tra loro si ottengono prodotti con gusti particolari.

Possiamo quindi provare le diverse varietà di farine per variare la nostra alimentazione scoprendo nuovi sapori e inventando nuove ricette.

Vediamo le principali e alcune meno conosciute cominciando con quelle ottenute da altri cereali.

  • Farina di Riso

La farina di riso si ottiene dalla macinazione del chicco di riso ottenendo una polvere più o meno bianca e fine. Povera di grassi e molto digeribile anche la farina di riso può essere bianca o integrale e in commercio troviamo: semola bianca di riso, semola integrale di riso, farina bianca di riso e farina integrale di riso.

La farina di riso è molto ricca di amido ma povera di proteine, soprattutto quella raffinata. Quella integrale contiene anche più lipidi, fibre e vitamine B6, B3, B2 e B1 e vitamina E.

Queste farine sono molto utilizzate per i prodotti destinati ai celiaci in quanto non contengono glutine. Si prestano bene alla preparazione di biscotti, dolci e pane soprattutto insieme alla farina di frumento in quanto poco adatte alla lievitazione o come addensante per creme, zuppe o salse.

  • Farina di Orzo

Contiene molti sali minerali (calcio, ferro, fosforo, magnesio, potassio, silicio e zinco) ed alcune vitamine (soprattutto del gruppo B e del gruppo E). Dal punto di vista proteico contiene meno proteine rispetto alla farina di frumento ma possiede un indice glicemico piuttosto basso, utile per il controllo dei picchi glicemici.

Troviamo in commercio sia la farina di orzo perlato (trattamento che priva il chicco dello strato più esterno, quindi meno ricca di fibre) che quella di orzo integrale che deriva dalla macinatura del chicco intero.

Può essere utilizzata per la preparazione di pasta fresca, biscotti e focacce anche se per la panificazione è meglio miscelarla ad altre farine.

  • Farina di Avena

Utilizzata sia nella forma integrale che nella forma “bianca” prodotta dalla forma decorticata del seme. La farina di avena integrale contiene molte fibre il che ne riduce l’indice glicemico e betaglucani, molecole utili in caso di ipercolesterolemia e diabete. Tra i micronutrienti, troviamo vitamina B1, vitamina PP e vitamina E, tra i sali minerali potassio, fosforo, zinco e ferro. Pur essendo quasi priva di glutine non è comunque consigliata ai soggetti celiaci.

Esistono diverse ricette a base di farina di avena:  preparazioni sia dolci che salate. Si presta bene anche alla panificazione e in genere per una giusta lievitazione viene miscelata con la farina bianca 00. La farina di avena nelle ricette dolci è impiegata soprattutto per la preparazione di prodotto secchi come i biscotti di avena.

  • Farina di Miglio

Il miglio è uno dei cereali che ci arrivano dall’Oriente, molto usato al tempo dei Romani e poi dimenticato, utilizzato soprattutto per l’alimentazione degli uccelli. Negli ultimi anni questa farina è stata riscoperta anche perché oltre ad essere molto ricca in vitamine non contiene glutine.

In commercio si trovano due tipologie diverse di farina di miglio. La farina di miglio dorato, dal colore giallo e dal sapore delicato e tendente al dolce, utile per dare struttura agli impasti e la farina di miglio bruno, integrale molto ricca di Sali minerali.

In genere la farina, ottenuta della macinazione di diverse varietà di miglio, viene utilizzata insieme a quella di frumento con cui si possono realizzare delle ottime crocchette e focacce oppure insieme alle patate per preparare gli gnocchi. Ideale per dare consistenza a composti come polpette e polpettoni, è ideale per crespelle, impasti di pani non lievitati, piadine e cracker.

  • Farina di Mais

Il mais in Italia ha trovato un clima e un ambiente ideale nella pianura Padana e come le castagne nei paesi montani è stato in passato, la principale fonte di sostentamento per gli abitanti di queste zone. La farina di mais da origine alla polenta, un prodotto tipico del nostro paese, in particolare del Nord.

La farina si ottiene macinando i chicchi a secco, e in base alla dimensione della macinatura si ottengono la farina bramata più grossolana, gialla o bianca a seconda della pigmentazione del mais, il fioretto di mais più fine; sono usate entrambe per la polenta e le tortillas; per realizzare la polenta istantanea si utilizza la farina bramata precotta, tramite cottura al vapore, in modo da rendere più rapido l’inglobamento dell’acqua. Meno comune è il fumetto di mais a grana fine utilizzata per impasti per pasta, dolci, biscotti e crêpes.

La farina di mais  non è adatta, alla preparazione del pane se non miscelata con farina di frumento per aumentarne l’elasticità. Questa farina è  priva di glutine ed è molto utilizzata nella preparazione di prodotti per celiaci. Dalla macinazione ad umido del mais, si ottiene l’amido di mais o maizena.

  • Farina di Segale

La segale è una pianta molto resistente in particolare alla siccità e alle basse temperature, molto coltivata nei paesi nordici dove vi è una scarsa attitudine alla coltivazione del frumento. Qui questa farina  è  molto usata per la panificazione, e il consumo di pane nero è diffusissimo, molto meno in Italia.

La farina di segale ha un basso contenuto di proteine e di glutine, e un’elevata presenza di enzimi amidolitici che rendono particolarmente difficile la lievitazione.

Nella versione integrale è molto ricca in fibre e ha un sapore molto diverso dalle altre farine. Assorbendo molto bene l’acqua permette la formazione di un pane, morbido, ad alta umidità e a lunga conservazione dal gusto un po’ acidulo che può non piacere a tutti.

  • Farina di farro

Cereale molto utilizzato nell’antichità, soppiantato in tempi moderni dal frumento a causa della sua bassa resa. In Italia viene coltivato soprattutto in Garfagnana, e a questo prodotto è stato riconosciuta una IGP (Indicazione Geografica Protetta).

La farina di farro è una tra le farine più costose e particolari in commercio poiché per la sua produzione è necessario, prima della macinatura, separare gli involucri esterni da ogni singolo chicco (pelatura) procedere alla macinatura da cui si ottiene una farina che conserverà comunque una buona quantità di fibra in quanto una parte dell’involucro rimane comunque attaccata al chicco.

Se invece si procede alla successiva perlatura, ovvero si rimuove accuratamente tutto l’involucro esterno, il chicco diventa simile a quello del frumento e anche la farina. Per ritrovare caratteristiche e  sapore tipico del farro bisogna infatti utilizzare il primo prodotto che però ha un costo molto elevato.

Il farro è leggermente più proteico del frumento, simile in composizione di vitamine e Sali minerali  ma anche se contiene meno glutine  non è adatto ai celiaci.

Nel prossimo articolo parleremo delle FARINE SPECIALI  ottenute dai legumi, frutti e pseudocereali.



Ma quante varietà di farina esistono?

Tantissime e con caratteristiche molto diverse da un tipo a un altro, anche tra quelle ottenute dalla stessa pianta.

La maggior parte dei prodotti che si trovano in vendita come pane, pasta, dolci e altre preparazioni da forno, hanno un impasto a base di farina di grano tenero o semola di grano duro, ottenuti da un processo di raffinazione della farina che setaccia e separa la crusca e gli involucri del chicco, rendendola finissima ma più povere di princìpi nutrienti e con un maggior contenuto di glutine. Ma non è sempre così.

Cominciamo quindi a conoscere la farine che derivano dal frumento.

FARINA DI FRUMENTO

La farina di frumento deriva dalla macinatura delle spighe di frumento. Tramite la mietitura, i chicchi di grano vengono separati dalla paglia e puliti.

La farina si ottiene dai chicchi puliti, bagnati e condizionati e poi macinati.

In base alla resistenza che i chicchi oppongono alla macinatura, il grano viene classificato in due tipologie:

grano duro e grano tenero  e le farine si dividono in:

  • FARINE DI GRANO TENERO da cui si ricava direttamente la farina usata soprattutto per la produzione di pane, biscotti, pizza, pasta fresca focacce e altri prodotti da forno, dolci o salati.
  • FARINE DI GRANO DURO o di semola invece derivano dalla rimacinazione della semola ottenuta dal grano duro, un tipo di frumento di colore giallo più compatto rispetto al grano tenero e che contiene più glutine. La semola di grano duro viene utilizzata soprattutto per la pasta ma anche in alcune preparazioni lievitate, come pizza e focacce e pane quale il Pane di Altamura.

Le farine di grano tenero sono 5 e si differenziano per la grana, dalla più fine alla più grossa, per la quantità di germe e crusca rimasti dopo la macinazione e vengono classificate in: 00, 0, 1, 2 e integrale.

  • Farina tipo 00 o farina bianca: la più raffinata e più utilizzata, ha uno scarto del 50% (da 100 kg di grano si ottengono circa 50 kg di farina), viene ottenuta con l’eliminazione del germe e della crusca, possiede una grana molto fine e consistenza polverosa, dà ai prodotti da forno morbidezza e un colore bianco e viene utilizzata per prodotti lievitati come dolci, brioche e pizze perché più elastica e forte, cioè in grado di assorbire meglio i liquidi durante l’impasto e trattenere anidride carbonica per la lievitazione.
  • Farina di tipo 0: meno raffinata della 00 e più debole, contiene una piccolissima quantità di crusca e viene utilizzata per alcuni tipi di pane, grissini e biscotti.
  • Farina di tipo 1: con una grana ancora un po’ più grossolana della 0 e più debole, contiene una percentuale di crusca maggiore e anche questa si usa per pani focacce.
  • Farina di tipo 2: o semi integrale più granulosa, contiene gran parte dei componenti del grano quali crusca, amido e germe e può essere utilizzata per realizzare tutti i prodotti da forno.
  • Farina integrale: contiene ogni parte del chicco di grano è la meno lavorata e più ricca di principi nutrienti, proteine, fibre, antiossidanti e vitamine.

Qualche informazione in più sulle farine integrali, le migliori da un punto di vista nutrizionale, in quanto contengono tutti i principi nutritivi presenti in origine nel cereale e sono prodotti esclusivamente con farine che non hanno subito processi di raffinazione.

Da non confondere quindi con le farine alle quali viene aggiunta la crusca in un momento successivo per dare ai prodotti un aspetto simile a quello dei prodotti integrali: in questo caso però le caratteristiche nutrizionali sono molto diverse. Bisogna quindi leggere attentamente l’elenco degli ingredienti che deve ad esempio contenere la dicitura “farina di grano tenero integrale” o “avena integrale”.

Siccome in etichetta gli ingredienti devono essere elencati in ordine di quantità decrescente, quelli che compaiono per primi sono quelli contenuti in maggior quantità, quindi la dicitura farina integrale dovrebbe essere al primo o al secondo  posto e essere presente in quantità superiore almeno al 50%. Infine il colore scuro non è garanzia del fatto che sia integrale, perché  può capitare che vengano aggiunti  coloranti a tale scopo. Le farine integrali si possono ottenere anche da mais, farro, riso, segale.

CURIOSITA’

Che cosa è il glutine?

Sappiamo che tutte le farine di grano contengono il glutine, un insieme di proteine che rendono elastico l’impasto, e che non è tollerabile da tutti, infatti celiaci e intolleranti non possono assumere farina di grano con glutine e derivati. Le varietà moderne di frumento, selezionate geneticamente per ottenere rese elevate, hanno fino al 12% di glutine, rispetto al 6/7 % delle varietà di frumento tradizionali, inoltre il glutine viene spesso aggiunto a molti prodotti come coadiuvante tecnologico  e questo sovraccarico di glutine nell’alimentazione quotidiana potrebbe essere alla base del crescente numero di persone intolleranti.

Ma a cosa serve?

Il glutine è un complesso formato da alcune proteine (gliadine e glutenine) presenti nella farina di diversi cereali che in assenza di acqua sono inerti ma aggiungendo acqua alla farina e lavorando l’impasto interagiscono tra di loro e con l’amido, formando e rompendo di continuo i legami le une con le altre. Le glutenine sono responsabili della elasticità e della tenacità mentre la plasticità, che permette all’impasto di essere lavorato, distendendosi senza rompersi è dovuto alle gliadine.

Durante la cottura i gas liberati dalla fermentazione e il vapore formato dall’acqua distendono progressivamente il reticolo del glutine e così si arriva alla struttura finale del prodotto che dipenderà comunque anche da:

  • tipo di farina utilizzata
  • quantità di acqua utilizzata
  • aggiunta di sale o zucchero, grassi e oli

ecco perché si possono ottenere completamente diversi da loro: croccanti, soffici, friabili, gommosi…

Per le sue caratteristiche il glutine viene molto utilizzato per produrre prodotti ad elevato contenuto proteico per vegetariani e vegani quale il seitan o aggiunto nelle polpette vegetali, ma anche inserito in prodotti a base di carne, come insaccati e hamburger per migliorarne la consistenza e impedire che si sfaldino durante la cottura, oppure al gelato e allo yogurt per renderli più voluminosi.

La forza della farina

Senza entrare troppo nel dettaglio, per definire il comportamento di una farina di frumento nel processo di panificazione, si parla di FORZA (W) della farina definita come la tenacità che esercita l’impasto contro la pressione dei gas interni, in funzione della sua estensione. In generale una farina con W più elevato assorbe più acqua, sopporta lievitazioni più lunghe e trattiene di più l’anidride carbonica prodotta dalla lievitazione stessa.

La forza di una farina dipende soprattutto dalla varietà di grano ma anche dalla percentuale di contenuto di proteine che portano alla formazione del glutine.

Un W alto indica che la farina assorbirà molta acqua e che l’impasto sarà resistente e tenace, che lieviterà lentamente perché le maglie del reticolo di glutine saranno fitte e resistenti. In generale più la farina è raffinata, quindi con minore percentuale di crusca e più forza possiede.

Un W basso indica una farina che ha bisogno di poca acqua e che lievita in fretta, ma che darà un impasto più leggero e meno consistente.

Mescolando una farina debole con una forte si ottiene un prodotto con un W intermedio.

Nelle farine meno raffinate, pur essendo presente un elevato contenuto in proteine, molte derivano  dalle parti esterne del chicco che contribuiscono molto meno alla formazione del glutine. Per questo la lievitazione delle farine integrali è molto più difficile, anche se hanno un assorbimento di acqua molto elevato.

Le farine macinate a pietra 

Le farine macinate a pietra contengono il germe del grano e la parte esterna del chicco ricca di fibre e nutrienti che con il processo di lavorazione industriale vengono in genere eliminati.

Le farine macinate a pietra si riconoscono dalla granulometria meno regolare e si ottengono dallo schiacciamento a freddo dei chicchi di grano tra due pietre naturali: la farina così macinata conserva amido, crusca e germe, vitamine, sali minerali, contenuti nel frumento. In realtà  il processo di lavorazione con le macine  di pietra di un tempo è utilizzato solo in piccole realtà artigianali mentre i mulini moderni sono molto più complessi e utilizzano dischi di acciaio inox rivestiti di pietra naturale che comunque mantengono la temperatura di lavorazione intorno ai 30°C come un tempo. Esistono comunque anche mulini che utilizzano pietre artificiali e in questo caso le macine ruotano ad una velocità maggiore e la farina si surriscalda, riducendone le proprietà nutrizionali.

In ambedue i casi comunque la farina risulta davvero integrale perché vengono macinati i chicchi interi e il germe e la crusca si amalgamano con la farina, offrendo un sapore, un aroma e proprietà nutrizionali superiori rispetto alla macinazione tradizionale.

Nel prossimo articolo vi parlerò delle FARINE SPECIALI



CEREALI

I cereali sono piante erbacee, sviluppatesi in tutti i continenti con molteplici varietà fin dall’antichità e ancora oggi tra le più coltivate al mondo.

Appartengono alla famiglia delle Graminacee, hanno semi commestibili e ricchi di amido, proteine, fibre, oli, vitamine e sali minerali, utilizzati tal quali da tempi remoti sia nell’alimentazione umana che animale e dai quali si possono ricavare svariati tipi di farine con caratteristiche molto diverse tra loro.

Il frutto dei cereali, cariosside, detta anche chicco, possiede una struttura simile in tutte le specie: l’endosperma interno composto da amido e proteine, il germe ricco di aminoacidi, vitamine B, E antiossidanti, fitonutrienti e grassi insaturi e la crusca esterna ricca di fibre e antiossidanti.

Caratteristica comune a tutti i cereali è la presenza di un quantitativo elevato di carboidrati (in particolare amido), un basso contenuto lipidico e un tenore proteico molto variabile a seconda del cereale. La concentrazione di lipidi, proteine, fibre, vitamine e minerali cambia moltissimo se il cereale è integrale (composto quindi da crusca, germe ed endosperma) o totalmente raffinato, in cui l’unico elemento presente è la parte amidacea. Infatti il processo di separazione (raffinazione),  porta all’eliminazione del germe e della crusca, determinando il tipo di prodotto finale e le sue caratteristiche nutrizionali.

I cereali interi, dunque, risultano più completi dal punto di vista nutrizionale rispetto ai raffinati tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia di aumentarne il consumo per contrastare diverse patologie tra cui l’obesità, le malattie cardiovascolari e il diabete.

Alcuni cereali come avena, frumento, farro, orzo e segale sono anche fonte di glutine, componente proteica che in alcuni soggetti può causare reazioni avverse: intolleranza alimentare (celiachia) o ipersensibilità (gluten sensitivity).

Vediamo quali sono ancora oggi le specie più importanti e diffuse di cereali:

Frumento (Triticum spp.)

Il frumento è il cereale base della nostra alimentazione. Il chicco di grano intero contiene, carboidrati, proteine, grassi, vitamina E, vitamine del gruppo B, biotina, acidi folico e pantoteico, betacarotene, ferro, magnesio, calcio, iodio e selenio.

Esistono due varietà di frumento, entrambi utilizzati nell’alimentazione umana, ambedue con elevato contenuto di proteine: il grano tenero (12%) e il grano duro (13-14%): si tratta però di proteine a valore biologico non elevato in quanto carenti di alcuni aminoacidi essenziali quali la lisina. Dalla macinazione del grano duro si ottengono la farina per la pasta e pane, couscous, bulgur e semolino. Il grano tenero può essere consumato in chicchi o dalla farina si preparano, pasta all’uovo, pane e prodotti da forno dolci e salati. Il frumento contiene glutine.

Riso  (Oryza sativa)

E’ il cereale più consumato al mondo, soprattutto in Oriente e ne esistono tantissime varietà. Molto diffuso e coltivato anche nel nostro paese viene utilizzato prevalentemente in chicchi e fiocchi. Il chicco integrale è ricco di  fibra, amido, proteine di buon valore biologico, vitamine del gruppo B, vit. E, calcio, ferro, fosforo, magnesio, manganese, potassio, rame, silicio, sodio. I principi nutritivi si riducono moltissimo nel riso raffinato o brillato. Il suo contenuto proteico è il più basso tra i cereali (7,5%), anche se la qualità nutrizionale delle proteine è superiore a quella del frumento ed è privo di glutine.

Mais o granoturco (Zea mays)

Cereale originario del centro America, ricco di fosforo, ferro, potassio e acidi grassi insaturi contenuti soprattutto nel germe da cui si estrae l’olio. Il contenuto proteico è intorno al 9-10%, ed è l’unico cereale che contiene pro-vitamina A anche se rispetto agli altri cereali è in generale più povero di vitamine. Viene molto utilizzato anche soffiato e per la produzione di olio. Non contiene glutine.

Avena (Avena sativa)

Coltivata soprattutto nel Nord Europa e in parte dell’Asia, è uno tra i cereali più nutrienti e con il più alto contenuto di lisina, l’aminoacido più carente nei cereali. E’ ricca di  proteine e sali minerali, grassi insaturi. Sia i chicchi, i fiocchi  che la crusca possono essere consumati cotti e aggiunti a verdure e legumi, nel latte e nello yogurt.

Miglio (Panicum miliaceum)

E’ il cereale alla base dell’alimentazione di molti paesi africani. Viene consumato in chicchi decorticati perché il tegumento che copre il chicco non è digeribile, ma la decorticazione non comporta importanti perdite nutrizionali come nel frumento, riso e orzo. Ricco di selenio, zinco, fosforo, ferro, magnesio, vitamina A e B. Viene utilizzato soprattutto per fare zuppe. Il contenuto proteico è intorno all’11%, più del mais, del riso e dell’orzo e contiene più acidi grassi insaturi rispetto al frumento. Non contiene glutine.

Farro (Triticum dicoccon)

Coltivato fin dall’antichità è l’antenato del frumento, ricco di proteine, contiene sodio, calcio, magnesio, silicio, fosforo, zolfo, ferro, vitamine B1, B2, D, E, K, PP e oligoelementi quali zinco, rame, manganese, iodio,  e rispetto al frumento contiene meno glutine. Oggi viene consumato soprattutto in chicchi ma, anche se in quantità minore rispetto al passato, viene utilizzata anche la farina.

Orzo (Hordeum vulgare)

L’orzo è una pianta destinata soprattutto alla produzione del malto per l’industria della birra. Come il riso, viene consumato prevalentemente in chicchi e fiocchi. Il chicco integrale è ricco di magnesio, vitamina E, vitamina PP, vitamina B12, contiene calcio, potassio, fosforo. Ne esistono diverse varietà: l’orzo perlato (raffinato), cui sono stati eliminati i tegumenti esterni per cui è stato impoverito di tutti i nutrienti principali, soprattutto vitamine e minerali, ma che ha il vantaggio di cuocere rapidamente ed essere molto digeribile, l’orzo decorticato (semiperlato),  e l’orzo completo dei tegumenti esterni (mondo).

Segale (Secale cereale)

Molto diffusa nell’Europa centrale è un cereale ricco di calcio, sodio, potassio, iodio, fluoro, contiene vitamina D, anche se rispetto al frumento è più povera di amido, proteine e sali. Ricca in fibre e steroli vegetali può essere consumata in chicchi, in fiocchi e in farina, con la quale si ottiene un pane molto compatto dal sapore leggermente amarognolo.

PSEUDOCEREALI

Nella nostra alimentazioni sono diventati di uso comune e spesso chiamati cereali anche prodotti che dal punto di vista botanico non possono essere classificati come tali, ma che vengono considerati delle valide e sane alternative ai cereali integrali per la presenza di fibre e nutrienti di qualità e nessuno di loro contiene glutine. Vediamo i principali.

Amaranto (Amaranthus spp)

Pianta originaria del centro America della famiglia delle Amaranthaceae, i cui semi, molto proteici e facilmente digeribili, ricchi di fibra contengono minerali come calcio, magnesio e ferro, l’aminoacido lisina: come la quinoa l’amaranto è un alimento molto adatto a vegani e vegetariani. Può essere consumato in chicchi, soffiato oppure trasformato in farina. E’ privo di glutine.

 

Grano saraceno (Polygonum fagopyrum)

Il grano saraceno introdotto in Europa, dalla Siberia nel Medioevo, appartiene alla famiglia delle Poliganacee, ma come i cereali è ricco di principi nutritivi quali calcio, sodio, magnesio, fosforo, ferro, vitamina B-P-E, e molti aminoacidi. Il contenuto proteico è intorno all’11% con un contenuto discreto di lisina, rispetto alla media dei cereali ed è privo di glutine. In Italia è storicamente utilizzato nelle regioni del nord per la preparazione della polenta Taragna, dei pizzoccheri, insieme alla polenta di mais o frumento e la farina trova impiego nella preparazione di pane, biscotti e zuppe.

Quinoa (Chenopodium quinoa)

Chenopodiacea originaria degli altopiani sudamericani, i cui semi amidacei ancora oggi rappresentano l’alimento base delle popolazioni rurali delle Ande. E’ un alimento ricco di proteine (circa 14%), nutriente e molto digeribile, cuoce in pochissimo tempo, è ricca di calcio e contiene tutti gli aminoacidi essenziali.  La quinoa non contiene glutine. Da qualche anno si è diffusa anche da noi grazie a queste interessanti caratteristiche e viene utilizzata in moti piatti, zuppe, primi e insieme ad altri cereali anche da vegani e vegetariani.

COME UTILIZZARE CEREALI & PSEUDOCEREALI

Grazie alle loro proprietà e caratteristiche nutrizionali cereali e pseudocereali (in particolare integrali) rappresentano l’alimento alla base della piramide alimentare della Dieta Mediterranea, insieme alla frutta, alla verdura e all’olio extravergine d’oliva e per questa ragione andrebbero consumati quotidianamente, ad ogni pasto.

I cereali sono utilizzati per la produzione di pane, pasta e farine alla base della preparazione di moltissimi prodotti da forno, ma anche per la preparazione, a seguito della fermentazione, di bevande alcoliche come whisky e birra (orzo, sorgo), vodka (grano), sakè (riso).

Come per  tutti gli alimenti  le proprietà nutrizionali e la composizione sono diverse nel contenuto di sostanze antiossidanti, vitamine, proteine e grassi e per questo andrebbero utilizzati a rotazione preferendo sempre il cerale a chicco integrale rispetto a quello lavorato.

La prossima volta prenderemo in esame i diversi tipi di farina che possiamo trovare in commercio di derivazione da cereali, pseudocereali e da altri cibi vegetali.



Proseguiamo oggi con la terza scheda tratta dalle Linee guida per una sana alimentazione – Edizione 2018 pubblicate dal CREA (Centro ricerca alimenti e nutrizione) sfatando le false credenze più diffuse sul tema di FRUTTA E VERDURA.

FRUTTA E VERDURA

1) Non è vero che la frutta ai pasti faccia male. Questa credenza deriva probabilmente dal suggerimento strategico, specie per chi deve perdere peso, di usare la frutta (e a volte anche la verdura) come snack al posto di qualcosa di più calorico. Mangiare frutta durante o a fine pasto può essere addirittura positivo, perché la vitamina C presente migliora l’assorbimento del ferro dei vegetali, perché deterge la mucosa della bocca, perché può essere un fine pasto gradevole, dolce ma non eccessivamente calorico.

2) Non è vero che la frutta “gonfia”, perché il rallentamento della digestione che si ha con l’ingestione delle fibre è di scarsissima entità. Solo le persone che hanno problemi specifici di gonfiore intestinale possono trarre vantaggio dall’assunzione di frutta lontano dai pasti.

3) Non è vero che il succo di frutta sostituisce un frutto. Anche se ottenuti con il 100% di materia prima, sono particolarmente carenti di fibra ed hanno un potere saziante nettamente inferiore rispetto alla frutta intera. Mangiare frutta e verdura anche se fuori stagione ha comunque effetti benefici per la nostra salute.

4) Non è vero che mangiare tre noci o quattro mandorle al giorno faccia abbassare il colesterolo. Questi prodotti sono ricchi di acidi grassi polinsaturi che, in sostituzione di altri grassi (saturi), possono favorire il mantenimento dei valori corretti di colesterolemia e migliorare alcuni parametri di salute cardiovascolare. Si tratta comunque di acidi grassi (ricchi di calorie) e la semplice aggiunta alla dieta non è di per sé un fattore di modulazione del colesterolo.

5) Non è vero che mangiare frutta e verdura fuori stagione o provenienti da lontano non abbia alcun effetto benefico sulla salute. Molti consumatori sono preoccupati di non trovare in questi alimenti le componenti di vitamine e minerali presenti dei prodotti di stagione, che sono comunque da preferire perché sono più buoni e costano meno.

6) Non è vero che frutta secca a guscio (noci, nocciole, mandorle, ecc.) e frutta essiccata (tipo fichi secchi, prugne secche, ecc.) si equivalgano. La frutta secca a guscio rappresenta il seme della frutta ed ha quindi un elevato contenuto di energia, acidi grassi insaturi, fibra, acido folico, minerali, mentre quella essiccata (disidratata) è essenzialmente frutta a cui è stata sottratta acqua per aumentare la conservazione. È quindi molto zuccherina, non grassa né proteica ed ha un’elevata concentrazione di fibra e vitamine. Ancora diversa la frutta candita, una particolare varietà di prodotti caratterizzata dalla conservazione con aggiunta di zucchero.

Tratto da Linee guida per una sana alimentazione (CREA 2018)

Nella prossima newsletter parleremo di

VERO O FALSO sull’ACQUA



Abbiamo analizzato nel precedente articolo la classificazione delle bevande e alimenti ad azione stimolante. Entriamo più nel dettaglio di quello che è il gruppo delle cosiddette sostanze nervine in particolare del thè, del caffè e cioccolata (cacao).

Le cosiddette BEVANDE NERVINE in particolare il thè e il caffè e i derivati del cacao, agendo soprattutto a livello centrale possono migliorare l’efficienza fisica e psichica: tali effetti però sono strettamente legati alla dose di assunzione in quanto un uso eccessivo può portare ad una serie di sintomi indesiderati, mentre se consumati con razionalità, sono alleati preziosi della salute.

 

BENEFICI

Si tratta di effetti positivi sia in termini di prevenzione, nei confronti di diverse patologie che ai fini salutistici. Si ritiene che un consumo di 2-3 tazzine al giorno, pari a circa 150/300 mg di caffeina totale, non provochi problemi alla maggior parte delle persone adulte, escludendo il periodo della gravidanza.

  • Aiuto nei processi digestivi aumentando la secrezione gastrica
  • Miglioramento dei riflessi e le capacità di concentrazione
  • Probabile azione benefica nei confronti di malattie neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson) e del rallentamento nel declino cognitivo
  • Presenza di flavonoidi efficaci per la prevenzione delle malattie cardiovascolari
  • Presenza di sostanze ad azione antiossidante

CONTROINDICAZIONI

Si intende la presenza di uno o più fattori che ne sconsigliano l’uso o ne richiedono la limitazione in particolari gruppi di persone o situazioni.

  • Gastrite, Ulcera
  • Malattie legate all’apparato cardiocircolatorio
  • Ipertensione arteriosa, Aritmie
  • Alcolismo
  • Stato di gravidanza e allattamento
  • Osteoporosi
  • Alcolismo

Ciò non significa che il caffè deve essere sempre messo al bando, ma usato con buon senso, magari limitando il consumo a  un  massimo di due tazzine al giorno

EFFETTI COLLATERALI 

Si tratta di effetti correlati in genere a un uso eccessivo della sostanza

  • Nervosismo
  • Irritabilità
  • Ansia
  • Aritmia, aumento della frequenza cardiaca
  • Insonnia
  • Aumento della pressione arteriosa e palpitazioni
  • Esofagite da reflusso gastrointestinale

CURIOSITA’

Caffè: la bevanda nervina più bevuta al mondo contiene più di mille componenti diversi, non tutti ancora conosciuti e le varietà più utilizzate sono  Coffea arabica e Coffea robusta. Gli arabi sono stati i primi consumatori e diffusori.  La caffeina nei primi 10’ dopo l’ingestione viene completamente assorbita nello stomaco e nel tratto iniziale dell’intestino  e raggiunge la massima concentrazione in sangue dopo 45’.

Caffè Decaffeinato: chi si chiede se faccia male, pensa ai metodi impiegati per estrarre la caffeina. In realtà oggi l’uso di solventi organici, un tempo molto diffuso è stato superato da procedimenti più sicuri per la salute. L’utilizzo dell’acqua calda e filtrazione con carboni attivi è sicuro ma riduce le caratteristiche organolettiche del caffè, dilavando le sostanze aromatiche. Il metodo più diffuso oggi è estrarre la caffeina con anidride carbonica: non si impiegano solventi e gli aromi originari del caffè non subiscono danni rilevanti.

Tè: il suo aroma dipende dalla varietà, dal trattamento subito dalle foglie e dal luogo di coltivazione. Ne esistono varie tipologie: tè nero, fermentato prima dell’essiccazione e elevato contenuto di teina. Oolong, semi fermentato con breve fermentazione prima dell’ essiccazione.  Tè verde non fermentato  e  Tè bianco con gemme parzialmente ossidate e elevate quantità di polifenoli con azione antiossidante. Esistono poi altre varietà quali il  Tè aromatizzato ( verde o nero) con aggiunta  di aromi di fiori, frutta, spezie; Tè deteinato: a cui viene tolta la teina con una lavorazione simile a quella del caffè decaffeinato e Tè solubile: ottenuto per disidratazione della bevanda commercializzato in buste.

Cacao: si ottiene dai semi fermentati ed essiccanti della Theobroma cacao, originaria dell’America centrale, furono i Maya intorno al mille a.C. i primi coltivatori della pianta, esportata a partire dall’Ottocento nelle zone tropicali di Africa e Asia. Dal cacao si ottiene un alimento energetico senza colesterolo contenente  oltre a caffeina e teobromina, numerosi antiossidanti, sali minerali come il Magnesio, vitamine del gruppo B, Vit. E, e amminoacidi essenziali. La cioccolata è classificata in base al contenuto di pasta di cacao, burro di cacao, latte, zucchero e altre sostanze  e ne esistono diverse varietà in commercio: in polvere, solubili e solide: amaro, extrafondente, fondente, al latte, bianco, nocciole, gianduia, aromatizzato. Le proprietà  sono strettamente correlate al contenuto di cacao presente: più il cioccolato è puro e di qualità (extra fondente) e maggiori sono le proprietà benefiche che apporta. A differenza di thè e caffe pero ricordiamoci che il cacao apporta molte calorie e l’ideale sarebbe non superare 20g di cioccolato amaro al giorno.



Chi di noi non inizia la giornata con una bella tazzina di caffè, chi non sa rinunciare a una tazza di thè caldo o di cioccolata,  chi ha provato un Energy drink o un infuso tonificante?

Ma conosciamo davvero le bevande che utilizziamo per concentrarci, per stare più svegli e per avere maggiore energia? I miei pazienti mi domandano:

Fanno bene? Fanno male? Cosa contengono? Quanto ne posso bere? Vanno bene per tutti?

Si tratta di bevande in genere analcoliche, caratterizzate da una specifica attività grazie ai diversi principi attivi contenuti, capaci di agire soprattutto a livello del sistema nervoso centrale fornendo un’azione stimolante, tonica oppure calmante.

Non è facile suddividerle in categorie perché spesso le proprietà che possiedono, grazie alla presenza di numerosi principi attivi che possono interagire tra loro, possono farle rientrare in categorie diverse. Vediamole seconda dell’attività prevalente.

NERVINE

L’aggettivo “nervino” sottolinea le proprietà di sostanze contenute in queste bevande, in grado di agire sul sistema nervoso centrale. Le sostanze nervine per eccellenza, con un’azione stimolante sono la caffeina, la teobromina, la teofillina e nella categoria degli alimenti nervini vengono fatti rientrare il tè, il caffè, il cacao. Anche la camomilla, per il suo effetto, anche se rilassante, sul sistema nervoso centrale viene spesso inserita in questa categoria.

ENERGETICHE

Tra le cosiddette bevande energetiche o “Energy drink” rientrano bevande vendute in lattina, spesso addizionate con anidride carbonica e dal sapore dolce e appetibile costituite da numerosi ingredienti. In genere è presente caffeina in quantità variabili tra 80-400 mg a lattina. Altri ingredienti comuni sono taurina (circa 1.000 mg), Guaranà, Ginseng, Yerba mate, Ginkgo biloba, creatina, carnitina, inositolo, vitamine, antiossidanti, e zuccheri, la cui quantità totale a seconda della bevanda può arrivare ad essere anche maggiore del 12%. L’elevata presenza di sostanze stimolanti può agire sul sistema nervoso centrale influenzando le attività psicomotorie di chi le assume.

TONICHE E ADATTOGENE

Contengono sostanza o preparati derivati da piante con diverse attività in grado di agire sulla resistenza dell’organismo allo stress psicofisico, proprietà antiossidanti e adattogene, che possono avere un’azione sul sistema immunitario, sul tono muscolare  e  sulle capacità fisiche e mentali. Tra gli infusi assimilabili a questa categoria ricordiamo il Guranà, la  Yerba Mate,  l’Arancio amaro, il Ginseng.

Comunque il principio attivo prevalente in queste bevande o alimenti è quasi sempre la caffeina, presente in foglie, semi e frutti di diverse piante, come il Caffè, Guaraná, il Tè, la Cola o la Yerba mate che vengono prevalentemente consumate come infusi. Vediamo nella tabella successiva la quantità di caffeina presente in molte delle bevande così dette ad azione stimolante.

ALIMENTO O BEVANDA CAFFEINA (mg)
1 tazza di tè: 20 – 70 variabile a seconda del tè
1 tazza di caffè solubile 57
1 lattina di Coca-Cola 35 330 ml
1 Espresso 50

90

100% arabica

Miscela robusta

1 tazza di caffe istantaneo 20-100 150 ml
Caffe filtrato all’americana 60-120 150 ml
1 Espresso decaffeinato 4
Moka miscela 90
Moka decaffeinato 5 -7
Caffè alla turca 80 – 150
1 lattina di Energy drink 80 Red Bull o simili 250ml
Cioccolato fondente 120 100g
Cioccolato al latte 20 30 g

La caffeina è la sostanza psicoattiva più diffusa e più consumata nel mondo, legale in tutti i paesi, a differenza di altre sostanze psicoattive, e accettata o tollerata da pressoché tutte le principali religioni.

 

PRINCIPIO ATTIVO PREVALENTE
TE Teina*
CAFFÈ caffeina
CACAO teobromina
COLA caffeina
ARANCIO AMARO sinefrina
GUARANÀ Guaranina*
YERBA MATÈ mateina*

 

In queste bevande sono presenti comunque altri principi attivi molti dei quali sono chimicamente identificabili * con l’alcaloide caffeina

Nel prossimo articolo parleremo più nel dettaglio delle cosiddette BEVANDE NERVINE in particolare del thè, del caffè e cioccolata (cacao).



Proseguiamo oggi con la seconda scheda tratta dalle Linee guida per una sana alimentazione – Edizione 2018 pubblicate dal CREA (Centro ricerca alimenti e nutrizione) sfatando le false credenze più diffuse sul tema di Gravidanza e Allattamento.

 GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO

1) Non è vero che, se si mangia tanta frutta e verdura, l’integrazione con acido folico non serve. Le necessità per la prevenzione delle malformazioni, in previsione della gravidanza e durante il primo trimestre sono molto elevate e difficilmente si soddisfano con la sola dieta. La supplementazione associata a una dieta ricca di frutta e verdura è una strategia preventiva molto efficiente e indispensabile per la salute del bambino.

2) Non è vero che in gravidanza è necessario mangiare per due: ci sono delle necessità energetiche maggiori ma non sono così elevate. L’alimentazione in gravidanza deve essere più attenta alla qualità (carni magre, pesce, latte, frutta, verdura, poco sale e zucchero) che alla quantità.

3) Non è vero che i desideri alimentari insoddisfatti durante la gravidanza provocano al bambino dei segni sulla pelle (le voglie). Ricordiamo però che, senza eccedere, una gratificazione alimentare può essere utile in un momento particolare per la vita della donna.

4) Non è vero che si devono necessariamente assumere lassativi per evitare la stipsi. In gravidanza è comune, e per attenuarne i sintomi è opportuno mangiare cibi ricchi di fibre, come frutta, verdura e cereali integrali, e bere molta acqua. Sono consigliati anche lo yogurt e gli altri tipi di latte fermentato, perché i fermenti lattici mantengono in equilibrio la flora batterica intestinale favorendo il buon funzionamento dell’intestino.

5) Non è vero che durante la gravidanza è necessario astenersi da qualunque attività fisica nel timore che l’esercizio aumenti il rischio di eventi avversi. La sedentarietà è un’abitudine negativa per la salute di tutti e una regolare attività fisica è parte di una gravidanza condotta in modo sano.

6) Non è vero che bere birra dà vantaggi alla nutrice: non favorisce la produzione di latte, anzi come tutte le altre bevande alcoliche ne riduce la quantità.

7) Non è vero che “il latte fa latte”, né che berlo durante l’allattamento favorisca l’insorgenza di allergie nel bambino. Latte e latticini devono essere presenti nell’alimentazione della donna che allatta nelle stesse frequenze della donna che non allatta.

8) Non è vero che bere tanta acqua, o in generale tanti liquidi oltre il necessario, faccia produrre più latte.

9) Non è vero che la donna in allattamento abbia fabbisogni maggiori di calcio e, se si alimenta bene, non è necessaria un’integrazione. Il calcio necessario alla produzione di latte viene comunque mobilizzato dal tessuto osseo che subisce un impoverimento temporaneo, per normalizzarsi progressivamente nei periodi successivi all’allattamento.

10) Non è vero che la donna in allattamento deve evitare di mangiare alimenti con sapori forti o spezie per paura che il latte risulti di sapore non gradito. Al contrario la varietà dei sapori del latte materno faciliterà l’introduzione di cibi solidi e porterà ad una maggiore propensione del bambino verso alimenti diversi.

11) Non è vero che caffè e tè sono proibiti durante l’allattamento, basta berne poco (due tazzine di caffè al giorno) e lontano dalla poppata. Se si desidera berne di più scegliere i prodotti decaffeinati o deteinati.

Tratto da Linee guida per una sana alimentazione (CREA 2018)

Nella prossima newsletter parleremo di  VERO O FALSO su  FRUTTA E VERDURA